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Linfoma follicolare naive al trattamento: Obinutuzumab aumenta la sopravvivenza senza progressione della malattia


Lo studio di fase III GALLIUM, presentato al 58° Congresso annuale della American Society of Hematology ( ASH ) ha mostrato come, nei pazienti con linfoma follicolare non-trattato in precedenza, Obinutuzumab, associato a chemioterapia e successivamente somministrato in monoterapia, ha ridotto del 34% il rischio di peggioramento della malattia o la mortalità, raggiungendo anticipatamente l’endpoint primario dello studio rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) valutata dallo sperimentatore.

Il dato è stato ottenuto in confronto alla terapia standard a base di Rituximab ( MabThera ), associata a chemioterapia seguita da Rituximab in monoterapia ( hazard ratio, HR= 0.66; intervallo di confidenza [ IC ] al 95%, 0.51-0.85; p = 0.0012 ).
Gli eventi avversi osservati nel gruppo Obinutuzumab e nel gruppo Rituximab erano in linea con gli studi precedenti.

Il linfoma follicolare, la forma più comune di linfoma non-Hodgkin, è un tumore ematologico, a crescita lenta, non curabile, caratterizzato da cicli di remissione e peggioramento della malattia.
Questo studio sul trattamento con Obinutuzumab è il primo e unico di fase III ad aver dimostrato un aumento della sopravvivenza libera da progressione rispetto al trattamento a base di Rituximab, l’attuale terapia standard, nel linfoma follicolare non precedentemente trattato.

Alcuni studi di ampie dimensioni hanno dimostrato che una recidiva entro i primi due anni dalla fine della terapia riduce significativamente la sopravvivenza dei pazienti con linfoma follicolare.
Nello studio GALLIUM, la sostituzione di Rituximab con il nuovo anticorpo monoclonale anti-CD20 Obinutuzumab ha dimostrato, sempre in associazione a vari tipi di chemioterapia, una riduzione del rischio di recidiva del 34%.
Tale riduzione è probabilmente dovuta al raggiungimento di una remissione di migliore qualità.

L’impiego di Obinutuzumab in associazione alla chemioterapia rappresenta una nuova opportunità per i pazienti affetti da linfoma follicolare in particolare per quelli considerati a rischio più elevato per le caratteristiche della malattia.

Studio GALLIUM

Lo studio GALLIUM è una sperimentazione internazionale di fase III in aperto, multicentrica, randomizzata, a due bracci, volta a esaminare l’efficacia e la sicurezza di Obinutuzumab più chemioterapia seguito da Obinutuzumab in monoterapia per un periodo massimo di due anni in un confronto diretto con Rituximab più chemioterapia seguito da Rituximab in monoterapia.

I regimi chemioterapici utilizzati sono stati CHOP, CVP o Bendamustina e sono stati scelti da ogni Centro sperimentale partecipante prima di iniziare l’arruolamento.
Lo studio GALLIUM ha coinvolto 1.401 pazienti con linfoma non-Hodgkin indolente ( iLNH ) non-trattato in precedenza; di questi 1202 erano affetti da linfoma follicolare.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione, valutata dallo sperimentatore nei pazienti con linfoma follicolare, mentre gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione valutata da un Comitato di revisione indipendente ( IRC ), sopravvivenza libera da progressione nella popolazione globale dello studio ( iLNH ), tasso di risposta ( risposta globale [ ORR ] e risposta completa [ CR ] ), sopravvivenza globale e sicurezza.

Sono stati presentati i risultati di 1202 pazienti con linfoma follicolare in stadio avanzato. I pazienti naive al trattamento coinvolti nello studio avevano malattia di fase 3/4 o malattia di fase 2 con tumori maggiori o uguali a 7 cm, ECOG Performance Status 0-2, e richiedevano un trattamento in base ai criteri GELF.

Il follow-up è stato di 34.5 mesi e, al tempo dei dati di cut-off, 114 pazienti stavano ancora ricevendo la terapia di mantenimento ( 60 pazienti su Obinutuzumab e 54 pazienti su Rituximab ).

Alla fine della terapia di induzione, il tasso di risposta obiettiva e la risposta completa sono risultati simile in entrambi i bracci.
Il tasso di risposta obiettiva è stato pari a 88.5% ( risposta completa, 19.5% ) per i pazienti trattati con l'induzione basata su Obinutuzumab e 86.9% ( risposta completa, 23.8% ) per i pazienti sottoposti a induzione basata su Rituximab.

I pazienti nel gruppo Obinutuzumab hanno presentato una riduzione del 34% del rischio di progressione ( HR=0,66; p = 0.0012 ).

La sopravvivenza libera da progressione a 3 anni è stata dell’81.9% per i pazienti in mantenimento con Obinutuzumab contro 77.9% per i pazienti che avevano ricevuto terapia di mantenimento con Rituximab.

La sopravvivenza mediana libera da progressione non è stata raggiunta per i pazienti dei due bracci.

I benefici osservati con la sopravvivenza libera da progressione non si sono tradotti in un vantaggio nella sopravvivenza globale.
Anche se la sopravvivenza globale stimata a 3 anni è risultata maggiore per i pazienti nel gruppo Obinutuzumab, rispetto a Rituximab ( 94.0% vs 92.1% ), la differenza non è risultata statisticamente significativa ( HR=0.75; P = 0.21 ).

Il tasso di intervallo di tempo al successivo trattamento era più alto con Obinutuzumab, rispetto a Rituximab ( 87.1% vs 81.2% ).

Le reazioni avverse osservate con Obinutuzumab e Rituximab si sono rivelate compatibili con quelle registrate in sperimentazioni cliniche condotte in precedenza nelle quali i singoli agenti sono stati associati a varie chemioterapie. Il tasso globale di eventi avversi di grado 3 o superiore riscontrato nei bracci Obinutuzumab e Rituximab si è attestato rispettivamente al 74.6% e al 67.8%.
Gli eventi avversi più comuni di grado uguale o superiore a 3 che si sono verificati con maggiore frequenza nel braccio Obinutuzumab rispetto al braccio Rituximab sono stati bassa conta di globuli bianchi ( neutropenia, 43.9% versus 37.9%; leucopenia, 8.6% versus 8.4% ), bassa conta di globuli bianchi associata a febbre ( neutropenia febbrile, 6.9% versus 4.9% ), reazioni correlate all’infusione ( 12.4% versus 6.7% ), bassa conta di piastrine ( trombocitopenia, 6.1% versus 2.7% ), infezioni ( 20.0% versus 15.6% ) e neoplasie secondarie ( 4.7% versus 2.7% ).
Il 4.0% dei soggetti appartenenti al braccio Obinutuzumab ha manifestato eventi avversi ad esito fatale, contro il 3.4% dei pazienti del braccio Rituximab.

Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale ingegnerizzato disegnato per legarsi all’antigene CD20, una proteina presente solo sulle cellule B.
Obinutuzumab agisce e distrugge in maniera mirata le cellule B sia direttamente, sia attraverso il sistema immunitario dell’organismo.

Obinutuzumab è attualmente approvato in associazione a Clorambucile per il trattamento dei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica precedentemente non-trattata.
L’autorizzazione si è basata sullo studio CLL11, nel quale, nel confronto diretto con Rituximab più Clorambucile, Obinutuzumab più Clorambucile ha dimostrato un miglioramento significativo di diversi endpoint clinici, tra cui la sopravvivenza libera da progressione, il tasso di risposta globale, il tasso di risposta completa e la malattia minima residua.

A febbraio del 2016, Obinutuzumab ( Gazyva ) è stato approvato negli Stati Uniti dalla FDA ( Food and Drug Administration ) in associazione a Bendamustina seguito da Obinutuzumab in monoterapia per il trattamento dei pazienti con linfoma follicolare non-responsivi a un regime contenente Rituximab o andati incontro a ricomparsa della malattia dopo tale terapia.
A giugno del 2016, Obinutuzumab ( Gazyvaro )è stato approvato dalla Commissione europea in associazione a Bendamustina seguito da Obinutuzumab in mantenimento per il trattamento dei pazienti con linfoma follicolare non-responsivi o andati incontro a progressione durante o fino a 6 mesi dopo il trattamento con Rituximab o con un regime contenente Rituximab.
Entrambe le autorizzazioni si sono basate sullo studio di fase III GADOLIN, che ha dimostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione con Obinutuzumab rispetto alla sola Bendamustina. ( Xagena2016 )

Fonte: Roche, 2016

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